PER VISIONARE I DIPINTI CATALOGO GENERALE

I COLORI DELLA LUCE

CATALOGO DELLA PRIMA ANTOLOGICA ALLA GALLERIA MAURI COMPRENDE LE SEIIL  FASI DELLA VITA ARTISTICA DI SOLARI: DALLA FORMAZIONE ALLA SINTESI DI LUCE ATTRAVERSO I QUATTRO ELEMENTI DI TERRA, ACQUA, FUOCO E ARIA.

La «Tavola dello Smeraldo» ovvero la mappa dell’efficienza di un erasmiano:

di Arturo Della Torre

A prima vista per chi non conosce bene Ernesto Solari sembra difficile intravvedere sotto quell’aria di “professorino” impegnato, con quei baffetti che compaiono e scompaiono e con quel civettuolo cappello alla Geiar, l’iniziatico cultore del mondo cabalistico e misteriosofico, che pervade ormai da tempo la sua complessa ricerca artistica e filosofica. Eppure tutto il più recente discorso pittorico di Ernesto, così mosso e “dinamico”, rimane profondamente permeato, addirittura a livello inconscio, partendo fin dai primi “segni” infantili, da una sorta di predestinazione metapsichica, che contraddistingue intimamente e occultamente, ogni fase del suo “lavoro” creativo. Ho usato appositamente il termine “lavoro”, perché Solari non disgiunge mai la sua originale interpretazione personale di alcuni testi canonici dell’Esoterismo magico e psicanalitico (in particolare di Carl Gustav Jung) da una complementare ed infaticabile attività di promozione di “idee ed opere” personali, sempre effettuata con una efficiente conduzione di stile manageriale. Io, che ho lavorato con lui nell’allestimento della mostra su “il Dossi e gli amici Scapigliati” nel 1985, posso davvero testimoniare le invidiabili capacità organizzative del Solari operatore culturale il quale, mentre incontra Sponsor ed Assessori vari, trova anche il tempo per studiare i Grandi Numeri dell’Alchimia Rinascimentale e dare poi, chiuso nel suo studiolo, concretezza rappresentativa ai suoi simbolici ideogrammi. D’altronde questa doppia identità di artista-manager risulta un po’ la caratteristica eminente di questo personaggio, che ha saputo organizzare happening di successo come quello su Leonardo, dal titolo “Creatività e didattica” nel 1984 oppure mostre che hanno ottenuto un grosso riscontro di pubblico come quella dedicata l’anno scorso al duo Ligabue-Mazzacurati. Ed infine, nel segno di un perenne attivismo, meritano di essere segnalate anche certe erasmiane performances didattiche che hanno visto coinvolte, nell’intento di una auspicata interdisciplinarietà, le diverse componenti del pianeta scolastico, in cui lui felicemente opera. Ma torniamo all’altra immagine del “Doppio” e cioè al caleidoscopico tentativo del Solari di incasellare armonicamente la sua storia di artista suddivisa in tre fasi essenziali di sviluppo, che supera così l’ingenua prosopopea autobiografica di “Tra realtà e fantasia”. Decisiva e indispensabile come una bussola diventa quindi la lettura della “Tavola dello Smeraldo”, che riflette emblematicamente, come in un trattato di Eraclito, la vita dei quattro elementi cosmici e cioè rispettivamente la Terra, l’Acqua, il Fuoco e l’Aria. E ci stupisce che l’impatto di Ernesto con una città tradizionalmente “fredda” come Como abbia coinciso proprio con il suo periodo del “Fuoco” e cioè con quello della rivoluzione radicale, che dà origine al mito dello “sdoppiamento” magico. Infatti proprio nella nostra città, dopo gli sperimentali “frammenti” del Museo Civico, Solari ha messo a punto gli strumenti filologici e cabalistici per proporre delle inedite e provocatorie interpretazioni dei capolavori rinascimentali di Dùrer, Raffaello e soprattutto Leonardo. Attraverso gli Archetipi dei “Misteriosi segni arcani” la Gioconda diventa così la Sfinge, che schiude i segreti del “Cenacolo” e cioè della Nuova Alleanza, mentre la “Melencolia I” di Dùrer si trasforma nell’anagramma psichico di “Con le mie ali”, fra i fantasmi del profeta biblico Enoch e la Grande Piramide di Surrid. Con tutte queste intricate rivisitazioni esegetiche, di carattere anche astro-zodiacale termina così la fase cosiddetta propedeutica di “approfondimento e analisi” conclusa riassuntivamente l’anno scorso nella “Personale” allestita presso la galleria “L’Arco” di Como. Dai bilanci di un itinerario avventuroso ed apparentemente contradditorio nasce così l’esigenza finale di una Sintesi Summa, che esalta la conquista di nuovi e terminali (?) valori etico-estetici, racchiusi nella simbiosi esistenziale del “colore-luce”, una sorta di panpsichismo luminoso che avvolge anche la galassia dei nostri pensieri. Ma la Sfinge-Solari non ha di certo concluso per ora il suo costruttivo viaggio nelle nebulose fantastiche e forse, leggendo queste brevi note sorriderà, con o senza baffi, di noi, poveri alchimisti della parola.

DAL SODALIZIO CON ARTURO DELLA TORRE (INIZIATO NEL 1984/85) SONO NATE DIVERSE IDEE ED INIZIATIVE ESPOSITIVE DI SUCCESSO: "MANZONI, IL DOSSI E GLI SCAPIGLIATI"; "COMASCO CHI SEI?" ; "IL CIELO IN MANO"; "I LUOGHI DELL'ARTUSI" E "LA SETTIMANA GASTRONOMICA ARTUSIANA COMASCA".

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DA UNA RECENSIONE CRITICA di Antonio Gasbarrini (il Messaggero)

Il suo approdo poetico ad una “Visione mistico-esoterica” avviene attraverso un ricco e poliedrico percorso di lavoro condotto sul versante della ricerca simbolica problematicizzante. Da una fase di studio iniziale che Io ha portato a ripercorrere le esperienze più significative dell’arte classica ed avanguardistica - è giunto poi a maturare la rilettura simbolico-psicologica di una pittura anacronistica e citazionista legata allo studio ed al recupero dei grandi artisti o personaggi emblematici del Medioevo e del Rinascimento vicini alla cultura neoplatonica. Spinto dalla convinzione inconscia di poter ritrovare - attra~~erso un processo di lettura e reinterpretazione dell’opera di grandi figure esoteriche quali Leonardo, Durer o Federico Il (tanto per citare alcuni tra gli esempi più eclatanti) - la chiave arcana celata sotto la superficie pittorica o culturale della loro opera, è pervenuto al ritrovamento di alcune “Verità” celate.

I suoi approfonditi studi kabalistici lo hanno poi portato ad effettuare una sorta di materializzazione estetica di varie intuizioni personali sfociate in vere e proprie performance espositive quali Melencolia di A. Durer (Milano, 1985), Leonardo ed i Tarocchi (Como,1990), Federico 11:Lo sguardo delL’Aquila (Brisighella, L’Aquila e Foggia, ‘94-’95).

Dal 1985 Solari tende ad esprimere queste sue ricerche mistico-esoteriche anche attraverso una rielaborazione tecnica della pittura e della grafica partita dall’impreziosimento cromatico di materiali poveri quali carte e stracci, ottenendo cosi’ un effetto materico e tridimensionale di superfici che troveranno nel drappeggio, nel gioco dei pieni e dei vuoti delle pieghe e nell’ala piumata della Melencolìa dùreriana, una sorta di materializzazione arcana e filosofale. Questa ricerca ha spinto l’autore, nel 1939, ad una sintesi espressiva cromatico-concettuale simboleggiata dal “punto luce”.

Questa sua predilezione non può ricondurre la poetica solariana all’interno del solco divisionista, quanto ad una concezione visionaria ed esoterica della vita “razionale” sorretta dalle trasmuta:ioni visive elaborate da un puntinista-alchemico. Il “punto”, di conseguenza, costituisce la sintesi reale e concreta di una sola centralità: quella dell’Aleph o punto di incontro di tutti gli opposti e contrari, topos regale della “Verità rivelata”, fine principale da perseguire per ogni mistico-visionario. La vitale luminosità emanata dal punto-luce relativamente alla diversa intensità delle onde elettromagnetiche rilevabile durante il giorno, crea suggestioni cromatiche tali da coinvolgere psicologicamente il fruitore Alchimia cd esoterismo, le vie praticate da Ernesto Solari per far emergere dai profondi abissi dell’inconscio misteriosofici Arcani non scopribili nemmeno dalla scienza, convivono da qualche decennio nella ricerca orfica di una pittura approdata al punto luce ‘disvelatore’ di una “realtà altra”, 1’ “altra realtà”. L’approfondita rilettura dell’opera di Leonardo, Dùrer e Federico 11 vieppiù è diventata per l’artista romagnolo il pretesto di una iniziazione misterica finalizzata alla ricerca della “Verità rivelata”: l’immagine, quindi, al servizio della conoscenza e non della sola evasione fantastica. Il recente ritorno di un anacronismo ed un citazionismo post-moderni alimentati da un meccanico virtuosismo fine a se stesso, nulla ha da con/dividere però con la reinvenzione simbolica dei processi cognitivi di una pittura ricondotta, da Solari, alle radici più remote della comunicazione intersoggetiva esoterica: dai Maestri (della vita e del pensiero), al discepolo e da quest’ultimo, ai fruitori, con il medium visivo del punto luce.

Questa concertante e concertata trasfigurazione mistica presuppone un caleidoscopico cromatismo capace di rimettere in discussione l’apparente fissità atemporale di una figurazione perennemente stravolta, invece, dall’incidenza microfisica delle onde elettromagnetiche.

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....opere daI 1960 al 1968    SALA A

 LA FORMAZIONE......

Le opere appartenenti al periodo di formazione (o “FASE A») documentano gran parte delle prime esperienze pittoriche iniziate all’età di nove anni fino ad arrivare alla conclusione degli studi artistici nel 68/69. Da quella data ad oggi sono trascorsi venti anni. In questo ventennio piuttosto intenso di studi e ricerche ho realizzato opere che “stranamente” sono facilmente riconducibili alle esperienze del suddetto periodo di formazione; ho sviluppato in tale periodo quelle tracce dettate da una serie di intuizioni proiettate nell’allora futuro. Ciò che appare veramente strano e come tali esperienze, viste oggi a ritroso, siano avvenute secondo una successione logica e razionale. Quella che io considero l’esperienza di oggi rappresenta effettivamente la somma delle esperienze di questo primo ventennio e si rivela quindi come un risultato derivato dalle stesse idee del periodo di formazione: ne scaturisce un processo ben delineato con una “FASE A» di formazione e conoscenza, una “FASE B» di approfondimento e analisi, una “FASE C» di sintesi del processo. Questo mio piccolo universo rappresenta la conferma di un pensiero:... “L’Arte deve essere creazione dinamica e non statica: non è il raggiungimento di un traguardo ma di un insieme di traguardi, cioè di un processo. Non ho mai creduto infatti alle cose, perfette, compiute, assolute, se non a Dio. Ritengo che la pigrizia mentale non possa costituire un veicolo per l’arte arricchito magari attraverso una ricerca frenetica di una tecnica o di uno stile. Una simile masturbazione non porterebbe che ad una inevitabile ripetizione di sé, agli antipodi del processo creativo.

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...opere daI 1968 al 1975    SALA B

1: LA TERRA - Realtà e simboli

 La “FASE B» odi approfondimento va dal 1968/69 fino al 1987. Si tratta di quasi un ventennio che comprende, in successione, quattro momenti tra loro complementari così come sono complementari fra loro i quattro elementi che compongono l’universo: ARIA, ACQUA, TERRA E FUOCO. Vorrei pertanto definire questo momento, così intricato e complesso, come un universo in scala delle mie esperienze ed in particolare come la Tavola dello Smeraldo i cui elementi diventano simboli dei quattro periodi che vanno complessivamente dal 1968 al 1987. Il primo di questi che va dal 68 al 75 circa, corrisponde all’elemento TERRA e raccoglie tutte quelle opere legate alla conoscenza della realtà ed espresse attraverso un realismo figurativo che tende a diventare sempre più simbolo di una realtà vivente, tra passato e futuro, in un presente, che si vorrebbe volentieri evadere.…Le figure, infatti, hanno lo stesso calore della sua terra, la stessa vivacità dei suoi abitanti.

......Ma Solari non è solo questo: è un pittore che sa dar vita e forma con pochi tratti, ad un volto, sa realizzare con scultorea plasticità le figure, servendosi anche di effetti luminosi. La luce, infatti, gioca un ruolo determinante nei quadri, in quanto addolcisce le forme, ne accentua la intensità e le carica di suggestione surreale.  Ma, sotto l’aspetto vibrante e a volte, aggressivo delle immagini si cela un affiato malinconico che vela di mistero e di simboli le figure.

Rosanna Ricci (critico d’arie del Resto del Carlino)

...... Solari desidera conoscere, ha bisogno di conoscere la realtà umana che gli sta di fronte: cerca di dialogare con le sue immagini nel tentativo di scoprire, attraverso una naturale sensibilità psicologica, l’immagine riflessa del proprio mistero... Certo non si può negare che Solari sia ottimista: nelle sue opere, infatti, una chiara speranza focalizza nell’infinito ambiente naturale un rapporto di giudizi e considerazioni reciproche sull’umanità contemporanea e sull’ambiente.

Giampiero Tellarini

..... Ed è proprio questo suo amore per il bello, per la raffigurazione dell’uomo così com’è, della natura come la vediamo che egli è compreso sia dall’umile che dal colto, sia dal tormentato e dall’infelice che da colui che tutto ha avuto o sembra avere avuto dalla vita.

Avv. Nullo Sagradini (scrittore)

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...opere dal 1975 al 1978       SALA C

2: L’ACQUA:  Psicologia e valori

Il secondo periodo che va dal 1975 al 1978 circa e corrisponde all’elemento ACQUA propone un momento di riflessione psicologica, ed in particolare al recupero di certi valori legati al passato e al tentativo di proiettarli nel futuro. Si tratta di colmare il profondo vuoto del presente non certo attraverso dei valori assoluti ma grazie alla riscoperta e all’uso del “Processo’. Sono di questo periodo le opere legate alla rottura del quadro oggetto ed alle iperstrutture.

....Il sorriso consapevole e leggermente triste dei suoi occhi si fa ritmo, nella poesia, si fa colore e forma, sui quadri. In fondo la poesia e la pittura, in Solari, sono una cosa unica: non è possibile separare certe immagini pittoriche da altre, poetiche. E vengono alla mente le “bamboline col braccio rotto”, i “colori che singhiozzano”, le feste di campagna liete e tragiche al tempo stesso, come fossero in attesa di un’Apocalissi. E vengono alla mente i versi che parlano di una “gioia perduta”, di un ‘fremito che corrode la vita”, di “rumori implacabili, frastuono di una valle sola”.

Mario Pincherle (paleotecnologo    e studioso di parapsicologia ed esoterismo)

…Spontaneità ed istinto conducono la mano del pittore di Forlimpopoli, che scrive col pennello e con la china, di maschere chiamate a recitare sul palcoscenico della vita quotidiana.

Romeo Forni (1975: da l’Avanti)

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....opere dal 1978 al 1984      SALA D

3: IL FUOCO: Rapporto con l’arcano e l’archetipo: ricerche esoteriche e cabalistiche

Il terzo periodo che va dal 1978 al 1984 circa e corrisponde all’elemento FUOCO si propone come il momento più difficIle e ricco di conflitti interiori dovuti all’impatto con la realtà culturale comasca. Proseguendo nella ricerca di valori legati anche a nuove dimensioni sono riuscito a ritrovare me stesso grazie all’amore per l’arte e per un sempre più vivo (fuoco) desiderio di penetrarne i misteri ed i segreti più reconditi. Una strada che dal processo didattico della creatività mi ha iniziato ai misteri dell’esoterismo e dell’alchimia: temi, questi, analizzati grazie alla rivisitazione di grandi artisti del passato quali Durer, Leonardo, ecc...  L’indagine sulla cosiddetta «quinta essenza” (come la definì Leonardo) mi ha portato alla scoperta delle strutture del pensiero creativo, agli Archetipi, alla Kabbala: argomenti che mi hanno indirizzato alla ricerca di una centralità o complementarietà, attraverso l’unione degli opposti, di quegli opposti che hanno spesso condizionato il mio lavoro (luci e ombre, realtà e fantasia, passato e futuro, bene e male, pace e guerra) così come gran parte della nostra società dualistica.

....Ci sembrano molto interessanti alcuni disegni e quadri. Lontano dalle fumisterie verbali, questa ci sembra, è pittura interessante articolata in ritmi che tendono ad un linguaggio astratto in un gioco elegante di geometria organica.

Ubaldo Serbo (1979:da la Provincia/Como)

.... La complessità del rapporto col passato si realizza, in questa mostra, nel ribaltamento dello svolgersi medesimo e del pensiero e dell’azione.., muovendo dalle conclusioni per risalire agli inizi ed alle premesse. Ernesto Solari ripercorre infatti a ritroso la sua vicenda stilistica - dalle attuali rivisitazioni delle avanguardie protonovecentesche alla iniziale descrittività popolarescheggiante -stabilendo una efficace concordanza tra procedimenti della memoria e della forma.

Luciano Caramel (1982: presentaz. alla mostra presso il mus. civ. di Como)

OMAGGIO AD ALBRECHT DURER E A RAFFAELLO... NELL’ARTE DI ERNESTO SOLARI

Ogni artista presto o tardi sente quell’impulso irresistibile che lo porta a rivisitare l’arte del passato. E vi si avventura spesso tra i problemi di carattere estetico, cromatico, compositivo... Difficilmente il suo lavoro di indagine si approfondisce fino alle motivazioni e al clima che quel modo di fare arte ha generato. Ernesto Solari ha invece tatto il contrario: è partito dal profondo per arrivare a considerare e ad apprezzare gli esiti di certe esperienze che si sono sviluppate in Europa tra il XV e il XVI secolo.    Ed ecco allora la passione per Durer, l’artista sempre tormentato dalla necessità e dall’ansia della perfezione. Continuamente in ricerca, va man mano affinando la sua espressione e il ritmo della composizione si fa più fluido ed efficace. In questa faticosa ascesa si evidenzia (e Solari ne ha puntualizzato, sia in campo pittorico che saggistico, i più arcani aspetti) il bisogno di razionalità; di una razionalità, però, che non interferisca con una fantasia trasognata, con una fine ed accurata sensibilità, con la poesia delle forme. Il linguaggio pittorico allora sfrutta la suggestione dei numeri e dei simboli spesso più eloquenti di tante parole e di tante immagini assimilando nel contempo la lezione cromatica e il gusto degli italiani. Raffaello ben si inserisce in questo discorso. È l’obiettivo, il punto di arrivo. La sua arte è perfezione, unità, esaltazione. Nelle sue opere si legge la risposta agli aneliti di Dùrer, una risposta fatta di leggerezza, di impalpabile levità, di contenuta ma indiscutibile bellezza. Di fronte ai dubbi e alle perplessità del tedesco si erge la certezza dell’italiano. In entrambi, però, rinasce l’uomo. Razionale, ma capace di pazzia; legato dalla sua natura ma capace di libertà e di scelte... Un uomo diverso per ciascuno dei due artisti, un uomo che si realizza proprio in questo rinascimento”...   Lo spunto, il suggerimento è affascinante. Le teorie teologiche, misteriosofiche, filosofiche che stanno dietro le tele e le stampe di Dùrer possiedono una forza dirompente, così come l’armonioso canto di colori e di forme di Raffaello. A farla da padrone, però, è quell’ansia di ricerca, quella aspirazione senza fine. Questa esigenza di allora è anche l’esigenza di adesso di un uomo come Solari che vuole essere artista vivo e che quindi è e sarà sempre insoddisfatto di quello che sta facendo, perché è subito superato, bisogna subito andare oltre. Il cammino artistico di Solari si è sviluppato su percorsi in ascesa, sempre diversi e sempre preliminari ad altri. Figuratività e simbolismo, astrattismo e strutturalismo sono le basi del suo operare di oggi. Le sue opere dimostrano ora una maturità di ispirazione e di composizione che è certamente risultato del lungo studio sugli artisti del passato. Soggetti e oggetti della sua pittura diventano forme dinamiche evanescenti pieghe di una veste rinascimentale che tutto coinvolgono nel loro gioco di colori, di toni, di linee. Gli effetti sono sorprendenti anche perché spesso il tutto si distende e si fa freddo. Il passaggio dal movimento vivace alla quiete scuote l’animo del fruitore e lo costringe a pensare. La visione, nel suo insieme, si fa simbolo dell’instabilità dell’uomo, dell’irrequieto vivere. E la calma distensione dell’immagine trasmette suggestioni e messaggi. Nella sua nudità, sottolineata dal ricomparire di linee rette e di numeri, riesce ad essere anch’essa eloquente. Qui ritorna quel sottile gioco tra razionale ed irrazionale, tra vissuto e sognato, tra esistere ed essere.Solari vi si immerge, con i suoi colori che spaziano tra le infinite composizioni consentite dalla natura e con quei segni che portano in sé verità e messaggi. E nel suo discorso, nella sua riflessione fatta immagine, l’artista gusta quella “dimensione uomo” tanto cara a Dùrer e a Raffaello.

LUIGI CAVADINI (mostra "Dimensione Uomo attualità del Rinascimento"- Gall.Temarte-Como-1983)

.... Con stile moderno, l’autore della rilettura critica ha reinterpretato pittoricamente alcuni capolavori dei tre sommi artisti del passato (Leonardo, Dùrer, Raffaello) isolando le connotazioni linguistiche essenziali di ciascuno e cercando d’illuminarne le ragioni espressive. Risultati sorprendenti ha raggiunto soprattutto penetrando le due opere leonardesche più celebri, la Gioconda e l’ultima Cena, finendo col dimostrare l’esistenza di un modulo sostitutivo comune fra Leonardo e Durer, imperniato sulla conoscenza degli archetipi della creatività in assoluto. e ciò malgrado la differente posizione dei due nei confronti della pittura, più razionale nell’uno, più mistica nell’altro.

Alberto Longatti (1983: da «La Provincia» di Como)

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............opere dal 1984 al 1987        SALA E

4.L‘ARIA  Alchimia, luce, colore e materia

 Il quarto periodo che va dall’84 all’87 e che corrisponde all’elemento ARIA propone l’approfondimento del processo di tra-sformazione e di rinnovamento che avviene grazie ad una fase mistico-alchemica (secondo la concezione Junghiana). Come ho già detto non ricerco mai la perfezione formale e quindi per me l’oro alchemico ~ solamente la «centralità” che tento di rappresentare grazie ad un rapporto di luce forma e colore. La natura, la realtà, la materia vengono trasformate sulla tela dalla luce e dal colore che tende ad evidenziare l’unità dei rapporti materici innescando un processo di purificazione della materia stessa che si trasforma e diventa elevazione e pensiero.

... Ebbene questo rintracciare i principi primi nelle allegorie delle cose è quanto di più sublime forse concerne l’arte perché ad un significato visivo ne associa un altro intuitivo ma pur sempre cosciente, oltre l’irrazionale. Quando la prima volta, lei mi parlò delle sue ricerche su Durer e Leonardo io mi chiesi, d’istinto e d’acchito cosa avesse a che fare uno studio tanto appassionato come quello (a me ignoto) che lei dipingeva: e temevo che troppo studio, avvelenasse la grazia e la spontaneità della sua espressione. Poi ho visto le sue cose, anche se indirettamente, e mi sono tranquillizzato e non perché fossero o mi sembrassero (rifiuto sempre le graduatorie di bellezza) dei capolavori ma perché erano... pittura, morbida, ricca, variata, erano una ricerca d’immagini, erano quel suo “volare., che tanto ama, l’ala piumata della “Melencolia” dureriana, quella che troppo superficialmente tutti seguitiamo a chiamare “malinconia”. Dirò anzi che in taluni quadri, proprio quelli ispirati alla celebre stampa, e nel “Gesù tra i dottori” e nelle sue variazioni, c’è il meglio della sua spontaneità espressiva. Segno forse che la luce della ragione illumina anche un barlume di verità.

GIORGIO MASCHERPA (1985: presentaz. cat. mostra a Milano: Gall. Nuova Sfera)

La ricerca di Ernesto Solari, giovane artista forlivese operante a Como, su un maestro ermetico come Albrech Durer - una ricerca che affonda le sue curiosità nei presupposti esoterici del grande tedesco- trova un esito pittorico di certo rilievo nella mostra presentata in questi giorni presso "La Nuova Sfera" di via San Marco. E, mentre si distende l'illustrazione delle "scoperte" storico-artistiche fatte"dentro" Durer, ecco che si rivela anche l'evoluzione pittorica di Solari. Il bisogno di una sempre nuova modalità espressiva rende l'artista inquieto e lo porta a saggiare nuovi campi e nuovi materiali. L'olio quindi perde l'esclusività per concedere spazio a "carte e stracci" che, oltre a movimentare l'insieme pittorico, attribuiscono ulteriore profondità alle composizioni. Questa materia, che diventa elemento centrale del dipinto, sembra a volte contrapporsi, altre volte confondersi con le immagini ora geometriche, ora figurative, ora di semplice richiamo, che intendono costituire il tema del quadro. Si instaura un gioco di rapporti che assume significati che vanno oltre l'immediato, riprendendo certe convinzioni filosofiche o pseudofilosofiche del rinascimento europeo, e che, dal punto di vista artistico, attribuisce- anche con un calibrato uso dei colori- vivacità alla narrazione. Il massimo di espressività (oltre che nelle "variazioni" sul "Gesù tra i dottori" di Durer, già presente nel 1983 a Como) mi pare raggiunto da "Con le mie ali", il dipinto che riassume quella che, secondo Solari, è la chiave di lettura dell'opera dureriana. Il riferimento a "Melencolia I", l'opera più enigmatica di Durer, e la corrispondenza anagrammatica dei titoli ("con le mie ali" è l'anagramma di Melencolia I") scompongono e ricompongono in Solari il bisogno del Tedesco di "volare", un bisogno che si materializza in quelle ali che, fatte materia, diventano tutt'uno con la cornice e con il quadro e si librano verso il fruitore e verso l'alto.

LUIGI CAVADINI (Avvenire- sabato 16 marzo 1985)

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.....opere dal 1987 al 2002        SALA F

SINTESI DI LUCE E COLORE

 La «FASE C» o di sintesi del processo corrisponde all’oggi ritrovato, a quel presente che da 20 anni ricercavo. Le mie opere oggi rappresentano la «centralità» grazie alla fusione di luce e colore: quel «Colore-luce», tanto caro ai divisionisti, appare come un libero pensiero nello spazio, fuori da ogni condizione del tempo. La luce ed il colore sono l’energia misteriosa che ci avvolge, un’energia che ha la capacità di far vedere all’uomo, davanti ai propri occhi, ciò che si trova dietro la propria nuca (Einstein). I punti di luce colore rappresentano i nostri pensieri che cercano di materializzarsi nello spazio vivente.., nella terra, nell’acqua, nel fuoco, nell’aria.

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SOLARI ALCHIMISTA E VISIONARIO….SINTESI DI UN TRENTENNIO

Cerca di trasmettere una visione ambivalente dello spazio (mondo/cosmo) creando spazi frattali, dimensioni infinite, facendo diventare il suo lavoro una sorta di supporto per il pensiero, un aiuto alla conoscenza (interiore) di se stessi, dove possa fluire ciò che è perpetuo e il rumore di quella fonte MISTICA cui attinge.

Solari non ama pensare che al mondo esistono certezze indiscutibili, tutto è ancora da dimostrare, conquistare, tutto è così precario e poche sono le certezze.

Egli si muove con circospezione in un territorio ambiguo, dove la pittura e ogni forma di creazione (sperimentale) rischiano continuamente di contaminarsi con altre manifestazioni del pensiero e/o della vita quotidiana. E’ un mondo complesso il suo che si riflette in quella sorta di laboratorio che egli definisce “Antro di Visionario” e che può essere spiegato soltanto attraverso le sue opere, la sua filosofia o il suo pensiero che mira, attraverso linee-forza, pieni o vuoti, punti luce materici, a far combaciare gli opposti o complementari.

Solari è artista dallo spirito eclettico e testimonia fin d’ora la tensione verso una cultura di confine, dove la sostanza dell’opera non si manifesta tanto nell’opera stessa quanto nello scarto tra differenti espressioni.

In poche parole, a Solari non interessano i due momenti isolati della creazione, ma piuttosto il processo che, per esempio, porta la ricerca esoterica (o kabalistica) a diventare parente della pittura (la tesi di Solari su Leonardo del 90 cercava di sottolineare la necessità di osservare unitariamente le varie forme espressive e di ricerca di Leonardo.. altri esempi di particolare interesse sono le performance espositive su Durer, su Federico Il di Svevia e recentemente su Leopardi ).

Per capire i significati nascosti dei suoi dipinti è necessario prendere confidenza con questo atteggiamento.

La particolare e complessa tecnica puntinista, da lui utilizzata, costituisce una sorta di reticolo o filtro (setaccio) in cui quasi per caso avviene una separazione tra ciò che rimane imprigionato all’interno e ciò che passa oltre.

Tra le luci destinate a trasformarsi in ombre scontrandosi con le forme materiche (carte e stracci) e quelle che riescono a filtrare aldilà dello sbarramento, in un processo (imprevedibile o razionalmente prevedibile ?) dove e’ esemplificato il momento traumatico del rito di passaggio.

Si tratta di un’arte, quella di Solari, che equivale ed un tentativo di spiare la fase centrale del processo del divenire. Solari spinge la sua operatività verso la quinta dimensione, che sfugge alle forme dell’oggetto e del tempo, e a una dimensione immateriale, definita non tanto dai pieni quanto dai vuoti….(spirito, pensiero, parole…).

Solari è quindi artista anomalo, che va contro-corrente: egli non ricerca l’ispirazione trasmessa dal reale al proprio io ma cerca, nel processo e nel percorso, quelle emozioni e quelle cariche creative che possono spingerlo verso luci e bagliori di verità, nascoste nel tema della ricerca.

…Ernesto Solari nei suoi ultimi elaborati sa sprigionare uno splendore arcano di antica sapienza.     …dalle sue prime opere emerge una compiacenza surrealistica con la quale manipola immagini già codificate con innesti provocatori, facendo divenire la sua pittura drammatica. Nei lavori più recenti spezza le sue composizioni e rende rugose le superfici segnate dalla decadenza del tempo, pur mantenendo cromie fondamentali. Silenzio, a volte cupo, traspare dalle sue ultime tele, ed è imperante in esse il preannuncio di un domani dove la speranza sta nelle antiche immagini, nei segni e simboli eterni.

…Solari sogna, spera e cerca utopie. Il suo amore verso il simbolo è indicato con precisione. Questo diviene uno strumento non umano di comunicazione, perfetto, data la sua natura. Il pittore si pone in posizione centrale, adottando nuove ed antiche iconografie per l’uomo che ha perso, tra tante cose, anche il senso de/l’eterno. Un viaggio fra realtà,fantasia ed utopia, tramite due mezzi: sacro e profano, senza tralasciare l’aspetto della centralità dell’uomo nella sua conoscenza egoica e transpersonale, dove gli strati dell’anima, risultano malgrado tutto, tesi ad evolversi verso i/perno centrale di tutta la “manifestazìone”.

Mario D’Anna  (1987:artista, critico e Gallerista )

...La capillare, organica mostra di pittura, grafica ed installazioni dell'artista comasco Ernesto Solari "Lo sguardo dell'aquila" interamente dedicata alla straordinaria , calamitante figura di Federico II, è uno di quegli avvenimenti culturali che contano. Per la metodologia inusitata di un'arte iconica inseparabile dal suo substrato storico (immagini reinterpretate nel loro contesto originario e riattualizzate sotto l'unificante segno di una persistente modernità); e, soprattutto, per un'efficace sintesi fabulatoria capace di far riemergere, dalla notte dei tempi, la forza simbolica di alcuni archetipi federiciani (l'aquila o la pitagorica architettura ottagonale di Castel del Monte).

Sembra così di assistere ad un avvolgente concerto wagneriano, in cui l'apoteosi eroica di un enigmatico quanto illuminato Federico II emerge non tanto dal virtuosistico assolo di un singolo strumento (opera), ma dalla fitta trama di segni e simboli sapientemente intersecati ( i 22 Arcani Maggiori delle carte dei Tarocchi, la riproposizione iconografica dell'Albero della Vita di Otranto, la musicale geometria ottagonale di Castel del Monte, ecc..)

La possibilità offerta al fruitore di una totale immersione nel passato (all'un tempo reale ed immaginifica) al fine di riappropriarsi di tutta la salubre energia cognitiva emanata dall'integrità simbolica presente nelle opere di Ernesto Solari, è una via maestra da battere per una definitiva pacificazione tra arte e scienza, poesia e ragione. "Gli auspici dei nostri emblemi trionfatori" (l'aquila ed il suo lungimirante, rapace sguardo captato da un segno rammemorante o irraggiato da un cromatismo riverberante) hanno trovato, forse, il compimento avveniristico della loro forma, dopo oltre sette secoli: eppure sembra ieri, tanto moderna e attuale è questa visionaria reincarnazione.

ANTONIO GASBARRINI (il Messaggero :17.11.1994)

..Nell'ambito della manifestazione "Como Città dei Balocchi" 1998, Ernesto Solari, artista e studioso di temi mistico-esoterici, riprende il discorso sul Faust con una mostra che si propone di indagare gli aspetti più interessanti dell'opera lirica per renderla comprensibile soprattutto a un pubblico giovane. Due i filoni che Solari segue in questa proposta: il gioco e il mistero. Attraverso di essi si vogliono mettere in luce alcuni aspetti della cultura ottocentesca, dal Romanticismo alla Scapigliatura, cultura che affida spesso ad elementi simbolici il compito di raccontare quello che, per un motivo o per l'altro, non è possibile esprimere a chiare lettere. Attraverso disegni e illustrazioni il rapporto tra gioco e mistero si rende chiaro, puntando ad evidenziare quelle che sono le manifestazioni, spesso camuffate e allegoriche, dell'eterna battaglia che si combatte nella profondità dell'animo umano. Nel gioco della vita si contrappongono così il bene e il male, l'angelo e il diavolo, il sacro e il profano e così via. Due maniere diverse e opposte di interpretare il senso dell'esistenza e quindi di definire i percorsi lungo i quali condurre la propria vita. Tutto in apparenza semplice, ma complicato ormai per natura nella mente dell'uomo, che si trova spesso a confrontarsi contemporaneamente con la fede, la scienza, la magia e altre" esperienze" che ne segnano e a volte ne condizionano (nel bene e nel male) le scelte. L'intento della mostra è di rendere semplici concetti che non sono tali e di darne una fruibilità il più possibile ampia, accessibile agli adulti ma anche ai bambini. Per una maggiore comprensione essa è documentata e spiegata in un catalogo edito da "Diakronia" di Vigevano e proposta ai più piccoli attraverso un gioco costruito da Solari avente per titolo "I due Principi del Bene e del Male".

Quasi vi fosse una frattura, per la quale la costante tentazione mimetica sia messa in grado di manifestare per antinomie il proprio congegno interno, complessivamente queste opere tendono a esporre una struttura simbolica quasi per uso contrastante del processo tecnico. "All'apparir del vero", che ancora preme con insistenza, si direbbe che  a "cadere" è appunto l'apparenza, perciò l'inganno, rivelandosi nel gesto che distingue e separa ben altra similitudine - non la "natura", per Leopardi avversa, ma le sue operazioni, il suo procedimento costruttivo, con tutta la meraviglia che ogni labirinto suscita.       Con percezione dell'enigma da sciogliere, stupefacente nell'attesa che si manifesti, restando groviglio, nodo, spirale. In particolare e soprattutto là dove accada che sia la luna, la generatrice dea bianca, a dominare la scena.      Nella comparazione/opposizione fra il "vagar mio breve" e il suo "corso immortale". Dunque Solari imposta la sua lettura visiva su una somiglianza del processo, procedendo da un riconoscibile (per esempio un ritratto) verso una sua collocazione che risulta un'indagine sia tecnico-linguistica sia simbolica, fino allesposizione del suo meccanismo, che non nega il persistere della "sensibil forma", ma solo in quanto riverbero, o sogno.Si spiega in questo modo, su certe ricorrenti impostazioni a Mandala, il coesistere di un reperto naturale in un'architettura data per linee di forza ( di origine futurista, fra Severini e Dottori per esempio) e la sensibilizzazione estrema del tessuto pittorico in un suggestivo "pointillisme" divisionistico. Sensibilizzazione per la quale si denuncia l'intensità dell'emozione lirica di fronte alla visione di una bellezza che, mentre sembra rifiutarsi alla percezione intellettiva , quasi la impone, a distinguere fra la dolcezza del naufragio individuale (la  tentazione " romantica") e la necessità di trattenere, di custodirne il  sublime nell'artificio delle forme dell'arte. Contraddizione solo apparente  che Solari indica (a volte con astrazione, verso esiti alla Delaunay; altre volte con riferimenti naturalistici incrociati) nella mobilità estatica dei suoi emblemi celesti, o "eterni giri". Istituendo un racconto fra molteplicità inafferrabile e unità di visione, ovvero téchne esposta in modo esplicito, così che solo razionalizzando possa continuare a riferire. E che poi riferisca un'interrogazione conferma l'autenticità del parallelismo leopardiano.

Roberto Sanesi  (critico, letterato e artista dell'Accademia di Brera: da una presentazione alla mostra Infinito Leopardi: San Francesco/ Como1999- Palazzo Comunale di Bertinoro 1999

L'infinito" di Giacomo Leopardi è una delle liriche più stimolanti della letteratura italiana dell'Ottocento. La ricorrenza del duecentesimo della nascita del poeta è stata l'occasione che ha portato Ernesto Solari a proporre - con un riferimento esplicito - all'infinito - una mostra che innesta la sua ricerca pittorica sulle stimolazioni derivate dalla lettura delle sue opere. Non si tratta però di una trascrizione delle "visioni" leopardiane in pittura, quanto piuttosto di una trascrizione delle suggestioni e degli stimoli che partendo da esse l'artista matura dentro di sé. Forse proprio per questo risultano più intensi i dipinti che, nella loro astrazione, sembrano allontanarsi dalla lettura diretta della poesia, per vivere di una propria autonomia, che risente forse  dell’atmosfera leopardiana, ma non ne è succube. Nella ricerca di Solari si ritrovano temi e modi di precedenti sue esperienze, con il vantaggio qui del superamento in varie opere dell'intento narrativo per un maggiore affidamento all'estro del pittore. Del tutto personale è l'uso di un colore tracciato "per punti", seguendo in certo qual modo la teoria del divisionismo, della frammentazione cioè e della ricostruzione del colore e della luce attraverso l'accosta-mento di piccole tacche di colore. Da rilevarsi inoltre un non  lontano riferimento al futurismo, di prima e seconda generazione, e all'aerofuturismo che gli consente di dare dinamismo alla composizione. La mostra "Infinito Leopardi” comprende, però, anche una ‘sezione dedicata ad una raccolta di cartoline d’artista e di composizioni poetiche. (molti gli autori comaschi rappresentati) dedicate espressamente a Leopardi. Un piccolo omaggio che merita l’attenzione del visitatore.

LUIGI CAVADINI (Weekend :29.1.1999)

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DALLA PRESENTAZIONE ALLA MOSTRA "VENTI APOCALITTICI" di Vincenzo Guarracino - SALA F1

 

è un’esperienza del limite, abissale e necessaria, polimorficamente protesa sempre sul difficile discrimine di un pensiero di sé e del mondo nell’atto di farsi ed essere forma, mettendo(si) ogni volta in gioco radicalmente, quella che Ernesto Solari ha perseguito nello spazio di un ventennio, il più recente della sua feconda creatività artistica, e che qui riassuntivamente ci propone, sotto il titolo Venti apocalittici, all’insegna di una ricerca di senso, di verità, liberata (giusta la qualifica di “apocalittica” nella sua più etimologica accezione) e depurata da obblighi meramente rappresentativi e realistici, dalla congerie dei segnali del reale, della vita non meno che della cultura.

Un’operazione di indagine e riconoscimento della verità nascosta dietro le immagini, di scoperta ed evidenziazione dell’archetipo che fonda ogni avventura di senso, esperita attraverso passaggi successivi nell’elaborazione di una visione interiore (o se si preferisce, anteriore) e al contempo scientifica, fino a catturarne e fissarne nella forma e nel colore momenti assoluti di un perenne divenire : è in questi termini che può definirsi ciò che Solari ha infaticabilmente cercato e realizzato nel suo laboratorio (fisico e mentale), che come una sorta di platonica caverna delle ombre (“Antro di Visionario”, lui stesso l’ha definito) molto promette ancora di rivelarci.

Come di fronte a un velo da scostare, a un “sudario” da rimuovere, a una siepe o a una porta da attraversare, onde poter mirare l’essenzialità di una luce necessaria, oscurata o negata da incrostazioni e pregiudizi, il processo creativo, qui esposto e dispiegato, più che come un itinerario pittorico lineare e conseguenziale, si configura come il progetto di una sorta di autobiografia (o addirittura, autobiologia) intellettuale,  assiomaticamente interminabile e infinito, sovradeterminato, come si dice che siano sovradeterminate le rappresentazioni dei sogni, dispiegandosi attraverso molteplici e differenti espressioni, attraverso segnali, tra i quali anche (ma non esclusivamente) la pittura. Perché questo è un dato da sottolineare : Solari, tra i pochi a saperlo fare, è un “pittore che pensa”, uno che pone consapevolmente l’opera al termine di un percorso intellettuale fatto di ricerca, di riflessione, di domande e risposte, in cui coinvolgere provocatoriamente lo spettatore. 

Un’esperienza, dunque, di “appressamento” e “svelamento”, che dal preciso e riconoscibile omphalos esistenziale di una condizione di estraneità e “migranza” ha inteso protendersi e concretizzarsi per gradi nell’oltre di vasti e ambiziosi sistemi concettuali, affrontati e definiti con tutta la  forza e suggestività di cui è capace un linguaggio pittorico fatto di segni e colori di sapiente e personale reinvenzione : sono nati così i “cicli” pittorici dedicati, via via, a Leonardo, a Federico II, all’Albero della vita, all’Infinito leopardiano, al Faust, allegoria della vita,  fino alla serie più recente dei “lini sindonici”, a testimonianza di una fervida e inesausta “curiositas”, di un’ansia esplorativa di materiali e risorse iconografiche della più varia provenienza, fondata sulla consapevolezza della complessità e ambiguità di ogni apparenza da salvaguardare e valorizzare come stimolo all’intelligenza e, perché?, al cuore.

VINCENZO GUARRACINO   2004

 

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Presentazione della mostra al Broletto con Roberto Borghi e Luigi Cavadini

"Le ombre del sole" 
(PRESENTAZIONE ALLA MOSTRA ANTOLOGICA..IL VIAGGIO DELL'ANIMA, COMO-BROLETTO 2014/ 21 MARZO-27 APRILE)

In Italia, sino alla fine degli anni Cinquanta, quegli artisti che oggi definiamo simbolisti venivano sbrigativamente raccolti nel novero generico dell’accademismo. Fu grazie a una mostra allestita a Torino nel 1969 che – sulla scia di numerose altre che si erano tenute in Francia dalla metà del Novecento – si riscoprì la pittura frapposta come un’intercapedine tra l’impressionismo e le avanguardie. Il sacro e il profano nell’arte dei Simbolisti fu un’esposizione che poté contare su di un richiamo mediatico tutto sommato rilevante per l’epoca, e soprattutto su di un catalogo con un testo memorabile del curatore, Luigi Carluccio, che ho sentito il bisogno di rileggere prima di affrontare il lavoro di Ernesto Solari.      

Scriveva Carluccio che «nel corpo dell’Ottocento, un organismo due volte vivo perché dilaniato dalle antinomie che era chiamato a superare, gli impressionisti costituirono un’isola dove ogni aspetto del mondo e della vita apparve semplice e gaio, in quanto tra le cose e l’occhio si era fatto come un vuoto di sensibilità, e quindi anche di capacità critica, sicché la cosa riguardata non poteva essere altro che se stessa, cioè la sua apparenza in un certo momento, in una certa luce». A proposito degli Impressionisti, i Simbolisti ritenevano che «guardavano la natura con gli occhi chiusi», a indicare la sostanziale cecità nei confronti dello strato altro del reale; di sé invece «dicevano di amare e cercare le ombre del sole» contrapponendo all’apologia del diurno, tipicamente impressionista, «l’ispirazione della notte e i suoi misteri».

Il simbolismo in fondo consistette in «uno sguardo posato sull’altro versante dell’epoca che ci ha generato: quello meno conosciuto, più dimenticato o più tradito; almeno culturalmente. Uno sguardo posato sulla parte dell’eccitazione, o della contemplazione visionaria; della preminenza della vita interiore, o di quella della passionalità viscerale; della notte, infine, e dei sogni rivelatori, o liberatori».

Nel simbolismo si manifestò «un’esigenza di unità integrale, che potesse comprendere ciò che è nelle cose e ciò che sta al di là delle cose», un bisogno di far fronte a delle contraddizioni che, in fondo, sono «implicite alla sua poetica». «Tra tante antinomie», Carluccio ne evidenziava «alcune essenziali, esistenziali, esiziali: l’aspirazione ad acquisire la perennità dell’universo e la consapevolezza della morte; l’aspirazione a raggiungere l’assoluto della bellezza fisica e spirituale e la certezza della degradazione; l’aspirazione a essere uno e il richiamo ossessivo della società circostante».

Mi sembra che, quando Solari sostiene di avere nel simbolismo il punto di riferimento della sua arte, il primo motivo di questa affermazione stia nell’alterità enucleata da Carluccio. D’altra parte anche nei decenni in cui ha inizio e si svolge la prima parte del suo itinerario creativo si stava generando «un’isola dove tutto appariva semplice» e anche un po’ «gaio», un’arte isolata dalla realtà per un «vuoto di sensibilità», ma anche per un delirio di onnipotenza modernista che le faceva credere che il reale stesse tutto nei suoi schemi precisi e univoci. La linea che va dall’Optical al Concettuale è stata forse per Solari ciò che l’Impressionismo – ovvero il progenitore di queste due tendenze – è stato per il Simbolismo. Ma probabilmente ciò non è che lo sfondo della questione: la figura su cui si staglia è invece la percezione della «preminenza» – su tutto, direi – della «vita interiore», della «passionalità viscerale» e della «contemplazione visionaria».      

Se esiste un tratto stilistico distintivo di tale primato, esso consiste nella fluttuazione delle immagini, nella loro natura vibrante, ondeggiante, indefinita, anche quando hanno un soggetto nitido e definito, come nei primi dipinti di Solari. Si potrebbe anche abbozzare un tragitto dello sviluppo di questa fluttuazione: notare per esempio come riaffiori carsicamente, come sembri attenuarsi in cicli di opere più impostate, più progettate, ma come diventi eclatante là dove le forme sembrano generarsi spontaneamente, o quantomeno travalicare le intenzioni del loro artefice. Ma questa descrizione risulterebbe superflua se non si indicasse nella fluttuazione il moto proprio del simbolo, il suo specifico dinamismo.

Simbolo è un termine carico di equivoci: una tradizione di pensiero di matrice anglosassone, ormai accettata acriticamente dalla mentalità comune, lo considera un mero sinonimo di segno, cioè di un significante che rimanda a un significato. Nelle opere dei Simbolisti però l’altro del simbolo, il suo cosiddetto significato, «appartiene al regno dell’ignoto» – come scriverà qualche decennio più tardi Jung – e vive in un rapporto di oscillazione, di manifestazione fluttuante ed enigmatica col   significante.

Il simbolo precede il Simbolismo – inteso come tendenza artistica di fine Ottocento – e infatti i Simbolisti ne andarono a cercare la genesi in quell’immenso bacino di pensiero che fu la cultura neoplatonica. La mia impressione è che Solari abbia voluto andare ancora più indietro, abbia scelto di addentrarsi nel platonismo vero e proprio e, anzi, nel substrato mitico, prefilosofico, ermetico del pensiero di Platone, e da lì abbia attinto le coordinate che hanno orientato molta parte del suo itinerario espressivo e della sua attività di indagine sulla pittura del Rinascimento. Sarebbe pleonastico che io analizzassi il funzionamento di queste coordinate: francamente non ne sarei neppure in grado, e in ogni caso l’artista stesso saprebbe farlo molto meglio di me. D’altra parte sono convinto che, a rendere interessante la pittura di Solari, non sia tanto la struttura ferrea dei principi dai quali è supportata, quanto le sue «antinomie», le sue contraddizioni feconde, una in particolare di ordine cromatico e poetico allo stesso tempo.

La luce che irrora i dipinti degli ultimi decenni appare come una sorta di chiarore aurorale, una rievocazione del bagliore dell’origine. Questa luminosità assoluta –  resa paradossalmente così dettagliata, così efficace, dalla tecnica della pirografia – che impregna gli oggetti senza generare ombre, è umbratile in sé, ha qualcosa di radicalmente misterioso, implicitamente oscuro. Gli astri – rifratti, trasformati e talvolta persino moltiplicati – che compaiono nelle opere sembrano più assorbire la luce che emanarla: il loro ruolo sembra più quello di creare una gradazione sottile, millesimale, impercettibile di buio, che di suscitare il bagliore. Certo, platonicamente, miticamente inteso, il viaggio dell’anima conduce dal buio alla luce: ma può accadere che in pittura il sole lo si veda veramente solo attraverso le sue ombre.

Roberto Borghi   

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